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Cose da non fare: colpevolizzazione e vittimismo

da | 7 02 22 | Politica

Rovesciare il piano e dare la colpa alla vittima o cadere nella tentazione di chiudersi a riccio, magari affermando di non essere stati compresi a fondo, sono due atteggiamenti tipici di chi commette un errore nella comunicazione verso il pubblico.

Il fatto è che, però, pur capitando spesso e producendo sempre effetti poco incoraggianti, colpevolizzazione e vittimismo sono all’ordine del giorno; parliamo peraltro di una reazione percepita sempre più come passivo-aggressiva.

E questo ci offre la possibilità di parlarne in modo piuttosto approfondito

Colpevolizzare la vittima

La colpevolizzazione della vittima, in sé, è un qualcosa di davvero deprecabile e che consiste nel ritenere la vittima più o meno responsabile di ciò che le è accaduto. L’esempio tristemente più classico è il “ma com’era vestita?”* in caso di violenze.

In comunicazione pubblica, questo atteggiamento si può trovare molto sovente e, quando non direttamente, se ne posso trovare i derivati: attaccare qualcuno che ha reagito male a una nostra prima affermazione, offendendolo e cercando di screditarlo, ne è un esempio tangibile.

Sui social questo tipo di atteggiamento è all’ordine del giorno e funziona più o meno così: io scrivo un post attaccando delle persone che, sentendosi offese, ribattono alzando il tiro. Dopo aver visto la reazione (e aver ottenuto una buona cifra di critiche), io controbatto dicendo che sono le persone che non hanno capito, che non avrebbero dovuto rispondere così, che non sono abbastanza intelligenti da riuscire a cogliere

Ora, è evidente a tutti come questo sia un atteggiamento sbagliato, ma quello che è meno percepito, invece, è che si tratta di una delle reazioni più comuni di chi sceglie di comunicare online, magari sottovalutandone gli effetti.

Perché poi, a conti fatti, quello che a noi interessa qui sono le conseguenze di un atteggiamento di questo tipo, dal punto di vista elettorale (anche se delle elezioni ci si ricorda solo vicino alla scadenza) e da quello della forza derivante del consenso.

Ma se è vero che il consenso lo costruiamo nel tempo, è altrettanto vero che non possiamo non sfruttare ogni momento che abbiamo a disposizione evitando, per quanto possibile, almeno di crearci i problemi da soli.

Una bella macchia d’olio

I social sono un posto virtuale in cui tutto assume un’importanza colossale per qualche ora, dove è più facile cadere in scivoloni di questo genere e, allo stesso tempo, il posto in cui ci si scalda molto velocemente. Ma anche se le conversazioni durano lo spazio di un minuto, gli strascichi posso protrarsi per molto tempo: è da lì, ad esempio, che prendono spunti e notizie gli organi di stampa, che poi ti contatteranno per un approfondimento o una rettifica, dando nuovo risalto a qualcosa che sul web stava passando in cavalleria e raggiungendo anche chi si era perso la notizia originale.

Le falle del vittimismo

Altrettanto fallace è la strategia di farci passare come vittime innocenti: come possiamo essere le vittime di noi stessi? Come possiamo pensare che la gente ci creda?

Il problema è che molto spesso lasciamo da parte una delle frasi più importanti del mondo della comunicazione: “non è quello che diciamo, ma quello che la gente sente”.

Ancora, detto in altri termini, in comunicazione, il problema è sempre di chi lancia il messaggio e non è mai di chi deve riceverlo.

Perché poi, alla fine, come può la ricerca del consenso essere un problema di chi dovrà votarti?

Errare è umano: basta chiedere scusa

Sì, lo so, spesso le scuse non vengono accettate o sembrano un goffo tentativo per rimediare. E se sembrano così è perché molto spesso lo sono; troppo spesso le scuse sono di circostanza o sono in qualche maniera un atto dovuto.

E non funzionano.

In accordo con altre voci (anche e soprattutto più autorevoli della mia) posso dirti che le scuse, per funzionare, devono seguire un percorso ben preciso che parte dal sincero riconoscimento dell’errore.

Ma avremo modo di parlarne in modo più approfondito nei prossimi articoli.

*N.B.: una piccola nota a corredo dell’articolo: qui si parla di comunicazione e di linee guida generali. Questo significa che non c’è qui l’intenzione di sminuire problematiche importanti, ma solo di mettere in evidenza i limiti comunicativi di certi comportamenti.