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Parlando di clima stiamo (forse) sbagliando tutto

da | 27 07 23 | Istituzioni, Politica

Questo sarà un post aperto, nel senso che vuole essere una riflessione su un problema al quale però non so trovare soluzione. Anche perché, se vogliamo che funzioni, la soluzione la dobbiamo trovare tutti insieme.

E sarebbe carino funzionasse – e in fretta anche – visto che stiamo parlando di qualcosa di abbastanza importante come il futuro dell’umanità. Dovrebbe interessare a tutti, ma non sembra essere così; dovremmo essere tutti dalla stessa parte, ma non succede, quindi le domande sono:

stiamo sbagliando qualcosa quando parliamo di clima? E sì, cosa? Possiamo trovare una soluzione di comunicazione che ci aiuti a far comprendere il problema?

Ma soprattutto:

perché quello che diciamo oggi sembra non funzionare?

Senza entrare nel mondo dei negazionisti e di quanto sia facile e per alcuni conveniente (?) negare il cambiamento climatico, qui voglio affrontare di alcuni grossi problemi nelle parole, nel linguaggio e nella comunicazione in genere.

Le parole che usiamo per affrontare il problema

Quanto contano davvero le parole che usiamo? Quanto si può influenzare la presa di coscienza di un problema (o l’esatto opposto) attraverso l’uso del linguaggio?

Certo, c’è chi dice che imputare una parte del fallimento ai termini sia riduttivo, chi non riesce a far passare evidenze scientifiche e prove inconfutabili e chi pensa ancora che scegliere un termine piuttosto che un altro sia quasi ininfluente. Non credo sia così, in realtà. E credo che anche solo i termini che inseriamo nel linguaggio comune siano in grado di modificare quantomeno la percezione di quello che sarà.

Sono consapevole che riscaldamento globale, cambiamento climatico e crisi climatica non sono proprio la stessa cosa ma, spesso vengono o venivano utilizzati nello stesso discorso, malgrado i limiti.

Riscaldamento globale

Partiamo da qui: una volta si utilizzava il termine riscaldamento globale: era certamente riduttivo perché non descriveva tutti gli effetti del problema (tipo il problema dell’acqua o tutti gli effetti a catena. Aveva però un pregio: specie se utilizzato nella versione di surriscaldamento globale aveva una discreta forza nel suscitare in noi sensazioni di disagio; un pianeta come un forno in cui piano piano si alza la temperatura fino a cuocerci.

Cambiamento climatico

Il termine – fino ad ora – forse più corretto è cambiamento climatico perché comprende tutta la somma degli eventi e delle problematiche che abbiamo davanti agli occhi e che è davvero difficile quanto insensato negare.

Cambiamento climatico però ha un problema abbastanza grande: il cambiamento, per definizione, non è per forza negativo. Anzi, il mondo è pieno di esempi ed esortazioni ad aprirsi al cambiamento, ad accoglierlo come parte della vita, tanto da risultare una cosa naturale, fuori dalla nostra portata.

Insomma, vengono un po’ meno la preoccupazione per l’urgenza, la sensazione di essere noi i principali responsabili e l’ansia di qualcosa di imminente e negativo.

Sarà per questo – se non ricordo male – che a inserire questo termine nel discorso pubblico furono proprio coloro che avevano meno interesse a cambiare le cose.

Crisi climatica

Qui sembrerebbe già meglio: è evidente come le crisi, rispetto ai cambiamenti, siano a tutti gli effetti negative. Su questo non si può dire nulla. Quello che mi convince un po’ meno è invece il fatto che le crisi hanno solitamente carattere temporaneo e si risolvono. Almeno, nella mia testa, ripensando a tutte le crisi, quello che risuona è che poi si sono risolte, in un modo o nell’altro.

Il fatto è che dobbiamo per forza risolverla in un modo.

La data di scadenza è molto lontana

Un altro tasto dolente riguarda la distanza temporale che sembra separarci dalla fine. Qui non è tanto – o solo – un discorso di come diciamo le cose, ma anche per via dell’effettiva distanza che c’è tra qui e il 2050 o giù di lì.

Chiunque abbia a che fare con i bambini sa di cosa sto parlando: provate a chiedere a un bambino se vuole un gioco oggi o un 10 giochi tra sei mesi e vedrete cosa vi risponderà.

Ecco, è un po’ la stessa cosa: tutto ciò che si allontana nel tempo è spesso accantonato, lasciato sulla scrivania come un faldone qualunque da trattare quando avremo voglia di farlo.

E questa cosa mi preoccupa ancora di più.

Quali soluzioni abbiamo?

Alla fine, cosa ci rimane? Abbiamo scritto nel taccuino una bella serie di problemi, da sommare ad altri conosciuti e che non possiamo affrontare qui. Molti dei termini, per un motivo o un altro, sono inefficaci, così come alcune scelte comunicative probabilmente non premianti.

Far entrare un’espressione che funzioni nel discorso pubblico, se si parla di ambiente, è e deve essere un problema di tutti quanti, non solo di chi lo utilizza per la sua propaganda.

È una sfida difficile, ma necessaria.